Nella
tradizione orale dei Rom possiamo riscontrare principalmente elementi
della mitologia ebraica con un forte accento sull'aspetto kabbalistico
e delle sfumature connesse con il culto del fuoco dell'antica
Persia. Non c'è alcun minimo riferimento alla mitologia indiana,
né animali sacri, né personaggi fantastici risalenti alle diverse
tradizioni dell'India anche se molti autori cercano di
trovare forzatamente degli elementi che in qualche modo possano
sostenere la tesi dell'origine indiana (la quale si basa soltanto
sulla lingua, ma non sulla cultura né l'etnicità), non riescono
però ad ottenere che alcune flebili coincidenze, riscontrabili
in qualsiasi altra cultura europea o mediorientale, costumi che
d'altronde sono stati adottati dai Rom in Europa, ma non fanno
parte della loro tradizione ancestrale. I pochissimi elementi
che possano apparentemente far riferimento a tradizioni indiane
sono di fatto risalenti alla cultura urrita, in Mesopotamia, fonte
comune delle mitologie assiro-babilonesi, persiane ed indiane,
nonché dei popoli danubiani, con i quali la maggioranza
dei Rom ha convissuto per secoli. Quindi, le caratteristiche cosiddette
"indiane" dei Rom sono in realtà elementi che
si trovano, anche in misura maggiore, fra gli ungheresi, russi
e slavi, i quali le hanno ereditati dal Khwarezm, e più
indietro nel tempo, da Sumer e Subartu.
In quanto all'ambito puramente religioso, i Rom professano tradizionalmente
un monoteismo in cui la Personalità dell'Essere Supremo è ben
definita, monoteismo contaminato con l'idolatria romano-bizantina,
tipica del cristianesimo e delle religioni con cui i Rom sono
stati a contatto negli ultimi secoli. Non c'è alcuna traccia di
panteismo, o credenza nella trasmigrazione delle anime, né alcuna
cosa che possa collegare i Rom con i popoli dell'India. Al contrario,
le uniche figure rappresentanti animali o esseri immaginari sono
riscontrabili soltanto nella simbologia biblico-ebraica. Che questi
elementi siano attribuibili al lungo soggiorno in mezzo a delle
culture cristiane non è verosimile, perché il tipo d'approccio
con cui le tradizioni dei Rom si presentano è piuttosto tipico
di istruzione d'ispirazione ebraica o addirittura di commentari
in stile midrashico, anche se con un misticismo meno accentuato.
Infatti, non si può neanche parlare di "festività"
tipiche, esclusive dei Rom, ma soltanto di adattamenti che loro
hanno fatto dalle celebrazioni popolari dei paesi dove sono ospiti.
Si può solo parlare di uno "stile" romanì
di esprimere la cultura europea.
In questo sito si prenderanno in considerazione alcune leggende
che i Rom si sono tramandati per generazioni, per analizzare il
loro contenuto storico e simbolico.
Un
racconto dei Rom della regione dei Balkani
Estratto
da: "Traditions, coutumes, légendes des Tsiganes Chalderash";
textes recueillis par le R. P. Chatard présentés
par Michel Bernard; La Colombe, Paris, 1959.
«All'inizio
c'erano o Del ed il Beng, i quali si sfidano a vicenda.
Un giorno, mentre passeggiavano sulla riva del grande
fiume, il Beng disse: "Sono capace di scendere fino in
fondo"…
O Del col Suo bastone ordinò gli alberi di pero e di melo di fruttificare,
poi ordinò ai due di mangiare i frutti, rispettivamente Damo di
mangiare le pere, e Yahvah le mele. Allora essi provarono
desiderio l'uno per l'altra e per ordine di Del s'accoppiarono.
Ma la donna, insaziabile, richiese all'uomo di ripetere più volte
l'accoppiamento. Allora o Del disse: "Tu, donna, non sarai mai
soddisfatta; avrai sempre desiderio dell'uomo". E li abbandonò
al loro destino.
O Del creò dalla terra il Sherkano o serpente
e la sua femmina Halla, e le coppie di tutti gli altri
animali.
In questo mondo primordiale o Del Sinpetri aveva dei compagni:
Sunto Yakof, Sunto Avraham, Sunto Moishel
e Sunto Krechuno. Questi erano i suntse, gli antenati.
Con essi c'era anche Pharavono, che poi se ne distaccò
provocando la scissione degli uomini - fino ad allora costituenti
una sola razza e parlanti una sola lingua - in due raggruppamenti:
i Horaxané con a capo Sinpetri ed i Pharavonuria con a capo Pharavono.
Questo gruppo dapprima si tenne in disparte, ma poi moltiplicandosi
ed essendo pieni di intelligenza ed audacia, decisero di conquistare
tutta la terra. Così Pharavono mosse guerra a Sinpetri; ma
non sapeva che Sinpetri era lo stesso Del. Alla testa delle sue
truppe, Pharavono superò il fiume, invocando il potere di Del;
ma nell'attraversare il mare, pieno di orgoglio, invocò
il proprio potere e venne travolto dalle acque. Il suo
ultimo tentativo di adorare un idolo di pietra venne punito
dalla folgore. Tutto il paese allora abitato venne allagato.
O Del Sinpetri rifece la terra allargandola e dandola ai Suoi
Horaxané e portò i suntse nel Rhayo, l'altra terra
al disopra delle stelle. I Pharavonuria annegati precipitarono
nel Yado, l'abisso sotterraneo dove vanno tutti i morti
di morte cattiva. I pochi Pharavonuria superstiti - cioè,
gli Zingari - sono condannati a non avere più un territorio nazionale,
né organizzazione politica, né chiesa, né scrittura, perché tutta
la loro cultura fu annegata dal mare.»
Questo
mito cosmogonico è parte della tradizione dei Rom Balkanici e,
benché intriso d'interpolazioni cristiane, risultano evidenti
gli elementi puramente ebraici ed il concetto dualista del zoroastrismo
persiano. In seguito analizzeremo principalmente le frasi e parole
riportate sul testo in neretto.
La
personalità di "o Del", ovvero Iddio, è quella del Dio di Israele,
che spesso è rappresentato in modo antropomorfico. L'Iddio
che "passeggiava" è una chiara immagine di Genesi 3:8, dove ci
si dice che lo faceva nel giardino, il quale era appunto sulla
riva di un grande fiume (Genesi 2:10), per cui l'immagine è
approssimativamente la stessa nel racconto e nella Bibbia. In
questo caso Egli dialoga con il Suo avversario, mentre che nel
brano biblico lo fa con l'uomo.
Il Beng, nome che in origine indicava una rana, è la forza del
male, piuttosto paragonabile al AnghraMainyu del mazdeismo, ma
con delle caratteristiche tipicamente ebraiche: il fatto che "scende
fino in fondo al grande fiume" lo identifica con Leviathan (Isaia
27:1), figura biblica di Satan. Il serpente "Sherkano" è lo stesso
Beng, ed ha una controparte femminile che coincide con
Lilith*
della tradizione ebraica (Isaia 34:14), la quale si trovava nell'Eden.
Non solo questo, anche il nome "Halla" è simile a quello di "Helel"
(Isaia 14:12 - ebraico), che è infatti il nome femminile
del "Satan". In più, essendo che il termine Beng ha in origine
il significato di rana, questa è un immagine ebraica del periodo
apostolico - quando i primi cristiani erano ancora tutti Ebrei
- che rappresenta gli spiriti impuri che escono dalla bocca del
serpente o dragone (Apocalisse 16:13) in forma di rane.
Dio creò tutti gli animali dalla terra (Genesi 1:24), tra i quali
spicca il serpente (Genesi 3:1), come nella tradizione ebraica.
Il nome della donna, "Yahvah" è molto enigmatico, perché
si scrive proprio come il Nome di Dio, "YHVH". Il nome
ebraico di Eva è "Havah". I Gitani spagnoli chiamano Eva
"Hayah", anch'esso un nome ebraico derivato dal verbo "vivere"
- Genesi 3:20 "e l'uomo pose nome a sua moglie 'Havah' ('Hayah',
'Yahvah') perché è stata la madre di tutti i viventi". Anche la
frase che la donna avrà sempre desiderio dell'uomo è biblica (Genesi
3:16) ed è la conseguenza di aver mangiato il frutto.
I nomi dei "suntse" (santi) sono palesemente quelli dei principali
Patriarchi Ebrei, ovvero Yakov, Avraham e Mosheh - è interessante
il fatto che al nome di Mosheh si è aggiunta la desinenza ebraica
"-El". Soltanto "Krechuno" e "Sinpetri" (San Pietro) sono interpolazioni
del cristianesimo ortodosso.
Nella stessa maniera che nella tradizione ebraica, l'orgoglio
del Faraone ("Pharavono") è paragonato a quello di Satan - l'invocare
il proprio nome anziché quello di Dio. Infatti, nel Giudaismo
ci sono due principali prototipi dell'orgoglio: Satan ed il Faraone.
In questo racconto sono mescolati gli eventi dell'annegamento
delle truppe egizie nella loro persecuzione degli Ebrei nel Mar
Rosso con il Diluvio universale, frutto di una trasmissione orale
di due eventi della tradizione ebraica che con il tempo si sono
confusi. La scissione degli uomini in due gruppi evoca la divisione
antidiluviana tra i "figli di Elohim" ed i "figli
degli Adam" (Genesi 6:2). I superstiti del Diluvio qui identificati
con i "Pharavonuria" potrebbero coincidere con la discendenza
di Kayin (Caino), i quali erano nomadi, fabbri e musicisti, come
lo sono tradizionalmente i Rom - e spesso si è attribuita
ai Rom la discendenza da Caino. Anche la "moltiplicazione"
degli uomini ed il loro sviluppo intellettuale richiama la generazione
di Caino in Genesi 6:1-5. Il Faraone però non ha difficoltà ad
attraversare il "grande fiume", che è il Nilo, del quale nella
Bibbia stessa dice che Faraone si sente il padrone (Ezechiele
29:3), paragrafo in cui è anche eguagliato a Leviathan - quindi,
l'identità Faraone = serpente = Satan. Sono altresì mescolate
la persona del Faraone con quella di Nimrod - anch'egli un prototipo
dell'orgoglio -, il quale fu ribelle nei tempi in cui ancora tutta
l'umanità "parlava una sola lingua" (Genesi 11:1) e cercò di "conquistare
tutta la terra" e riunire tutti gli uomini sotto il suo dominio.
L'idea che l'uomo originalmente fosse nomade coincide con il periodo
dei Patriarchi Ebrei, tutti i quali erano apolidi (Avraham, Yitzhak,
Yakov). Anche l'immagine del Faraone come "adoratore di idoli
di pietra" è ebraica, così come lo è il fatto di essere "folgorati"
come punizione dell'idolatria. Tuttavia, in questo racconto i
Rom si identificano proprio con i superstiti delle schiere di
Faraone, condannati a non avere più una patria, né una lingua
scritta, né una religione - questa è precisamente la condanna
delle Tribù appartenenti al Regno di Israele, portate in esilio
per perdere la propria indipendenza ed identità come punizione
per la loro adorazione del vitello d'oro, ovvero, a causa del
loro ritorno alla religione degli Egizi… "Non sarete più una nazione"
(Isaia 7:8).
Il Trono di Dio "al disopra delle stelle" è un'immagine biblica
(Isaia 14:13), mentre l'abisso sotterraneo è la dimora degli spiriti
ribelli secondo il Libro di Henok. Il contesto balkanico poi ha
contribuito con l'identificazione dei "Gagé" (non-Rom) con i "Horaxané",
(musulmani), e con il loro "dio" San Pietro (cristianesimo romano-bizantino),
ai quali "Sinpetri" ha dato una patria, una scrittura ed un'organizzazione
politica, in contrasto con i Rom, i quali per la loro disubbidienza
sono condannati all'esilio perpetuo, proprio come gli Israeliti
del Regno di Samaria.
Anche
se ci sono delle interpolazioni cristiane, tutte le tradizioni
qui elencate non sono attribuibili ad un'influenza cristiana,
perché provengono da un'istruzione biblica puramente ebraica,
la quale nei Balkani non è mai stata accessibile al popolo comune
e tanto meno ai Rom. Quasi nessuno leggeva la Bibbia al di fuori
del clero ed alcuni individui delle classi privilegiate che potevano
leggere il greco o il latino, uniche lingue in cui si trovava
scritta la Bibbia in Europa in quel periodo. La scarsa istruzione
biblica che si dava al popolo era piuttosto neotestamentaria ed
impregnata di tradizioni relative alla vita o ai detti dei santi
delle chiese cristiane, non proprio commentari sulle Scritture
allo stile della Parashat, come potrebbero ritenersi questi racconti
dei Rom. Quindi, si deve dedurre che questa tradizione è molto
più antica dell'arrivo dei Rom in Europa, risalente al primo e
secondo secolo c.e. in Mesopotamia. D'altronde, l'interpretazione
delle figure bibliche non è assolutamente cristiana, ma puramente
ebraica, con evidenti connotati kabbalistici. Da questa ed altre
tradizioni simili si inferisce che lo sviluppo della spiritualità
romanì è uguale a quella degli Israeliti in esilio, in cui gli
elementi zoroastrici contribuirono al loro misticismo. Ed è certo
che i Rom non leggevano le Scritture fino a tempi recentissimi,
quando si è sviluppato il movimento evangelico in mezzo a loro…
*
Lilith: è interessante notare che c'è un parallelismo
fra la "prima donna di Adamo" nella tradizione ebraica
e in quella romanì. Entrambe sostengono l'idea che prima
di Eva ci fosse stata un'altra donna, la quale fu poi ribelle
e quindi sostituita da Eva - nella mitologia ebraica è
Lilith (presunta madre di Caino), in quella romanì non
ha un nome specifico, ma è considerata la "madre dei
Rom", che essendo stata cacciata via prima della disubbidienza
di Adamo e la conseguente maledizione -cioè, guadagnarsi
il pane con sudore-, i suoi discendenti non sono colpiti da questa.
L'idea di tale sostituzione della prima donna non si trova in
nessuna mitologia al di fuori di quella ebraica e quella romanì,
e certamente nemmeno nella tradizione cristiana.
Storie
di Rom Bulgari
O Bashnuvosko
Dzhes (Il giorno del gallo)
«Molto tempo fa, i turchi decisero d'eliminare la razza zigana – non
più bambini, non più maschi. Essi andarono di casa in casa e
dovunque trovavano un bambino lo uccidevano. Una donna aveva un
figlio di tre anni. Ella pensava come salvarlo. Quindi prese un
gallo e lo uccise. poi ne sparse il sangue sull'architrave della
porta. I soldati vennero, videro il sangue sulla porta, e dissero:
“Sono già passati qui. Non c'è più alcun bambino”. Così il fanciullo
fu salvato. Per questo celebriamo il girono del gallo, perché noi Rom
siamo stati sempre perseguitati».
Da Malina Antonova
Questa
storia è ovviamente una tradizione sulla strage dei bambini Ebrei in Egitto
per ordine del Faraone, mescolata con la decima piaga in cui si
richiedeva agli Ebrei di pitturare gli architravi e gli stipiti
delle porte delle loro case con del sangue animale affinché l'Angelo
della morte passasse oltre e non uccidesse il primogenito. Una
tradizione simile è la seguente:
Ihtimya
«I Rom hanno
diverse festività che celebrano in modo particolare. Una di queste è
Ihtimya. È il giorno del fanciullo. Chiunque abbia un primogenito
maschio,
deve trovare un gallo ed ucciderlo al mattino. Deve spargerne il
sangue intorno alla porta di casa. Questo è un precetto lasciato dal
Signore. Egli ha detto che se no si fa così, Egli colpirà ogni casa
dove un figlio maschio sia nato».
Da Raziika Pamukova
Storie
di Rom Russi
Il Profeta Elia ed il fuoco
«Quando i nostri antenati vivevano nella carovane e si avvicinava una
tempesta, essi pregavano il Profeta Iliia perché mandassi i fulmini lontano dal campo,
perché il Profeta Iliia ha potere sul fuoco. Un giorno egli stava offrendo il
sacrificio a O Del, ed incominciò a piovere fortemente, tanto che l'altare
rimase completamente inondato ed egli no poteva accendere il fuoco sopra.
Allora ordinò ad un razzo di cadere sul sacrificio e di bruciarlo, ed in quel
momento, un fulmine con un forte tuono cadde sull'altare bruciando tutta l'offerta,
lasciando soltanto le cenere. D'allora,
il Profeta Iliia prese il comando sulle tempeste, e faceva piovere quando
egli voleva, o che non piovesse più fino a quando egli l'ordinasse. Un giorno
egli volle andare in cielo, ed ordinò che un turbine di fuoco lo portassi, e d'allora,
egli comanda le tempeste dal cielo. Perciò i nostri Rom sin dall'antichità, quando
s'avvicina una tempesta, chiediamo al
Profeta Iliia che abbia misericordia e la mandi via lontano».
Da Toma,
un Rom Kalderash dell'Argentina, dei Rom immigrati dalla Russia.
Questa
storia indubbiamente ha origine nel racconto biblico dell'offerta del Profeta Elia (1Re 18:35-38),
il suo potere sulla pioggia
(1Re 17:1) e la sua ascesa in cielo (2Re 2:11). Elia era un Profeta
del Regno di Israele del Nord, popolo che dopo fu deportato dagli
Assiri in Media, e da lì arrivarono in India. Questa è
una tradizione orale trasmessa da generazione in generazione, e la caratteristica
d'Elia come il Profeta del fuoco non s'insegna nelle chiese cristiane
‒ ed Elia non è mai stato un argomento molto trattato nei sermoni.
Questa immagine corrisponde alla simbologia ebraica. Dobbiamo ricordare
che i Rom non avevano conoscenza della Bibbia scritta fino a tempi
molto recenti. Il modo in cui i Rom associano al Profeta con il suo potere
su fulmini e tempeste è d'un carattere sorprendentemente ebraico.
Le
Gitane ed il
drabarimós
«Perché le Gitane vanno a drabarimós? Un
giorno, O
Del avvertì i Rom che dovevano lasciare il paese perché Egli stava
per punire il re dei gagé e la sua gente. Gli
anziani Rom erano preoccupati, perché non avevano mezzi per il
viaggio.
Allora, O Del disse: ‹Otterrete tutto ciò di cui avete bisogno per
il viaggio se mandate le vostre mogli a chiedere alle donne dei
gagé gioielli e vestiti, ed esse vi daranno anche del cibo,
perché Io li stordirò la
mente e non vi negheranno niente di quanto le vostre mogli li
chiederanno.
Allora prenderete da loro ciò che vi serve per il vostro
pellegrinaggio sulla terra›.
Questo è un comandamento che osserviamo sin dall'antichità, perché
ancora non abbiamo finito il nostro viaggio...».
Da Fardi,
un Rom Kalderash dell'Argentina, dei Rom
immigrati dalla Russia.
Termini:
Drabarimós è la tradizione di uscire a leggere la fortuna per
ottenere un compenso in denaro o cose.
Gagé sono i non-Rom.
Questa storia non ha alcun parallelismo in nessuna tradizione e
nessun origine
possibile al di fuori delle Scritture: Esodo 3:21-22 e 12:35-36, dove Mosè
istruì gli Ebrei di fare questo per ordine di Dio.
Questo evento della Bibbia difficilmente viene predicato nelle
chiese
cristiane, ed una spiegazione così particolareggiata non può procedere
dall'ambiente cristiano.
Ci sono
molti altri racconti come questo fra i Rom in tutto il mondo. Per il
contrario,
non c'è nessuna tradizione orale che possa ricondursi ad alcun evento,
reale o mitico, dei popoli indiani.
Una festività romanì in Turchia
Kakava è una festività propria dei Rom nelle città di Edirne e Kırklareli, per celebrare la miracolosa liberazione dei Roma dall’oppressione in Egitto sotto il re Faraone ed il suo popolo, i Kıpti (Egizî). Quando i Rom fuggivano dal paese della schiavitù, furono perseguiti dall’esercito Egizio, ma i Rom attraversarono il mare su terra asciuta mentre gli Egizî affondarono nel mare. Per questa commemorazione, i Rom si radunano vicino ad un fiume, che rappresenta il mare, nello stesso giorno in cui si celebra Ederlezi (St. Elia e S. Giorgio), all’inizio della primavera, alcuni giorni dopo il Pesach Ebraico. É evidente che in questa tradizione i Rom s’identificano con gli Israeliti.
Una leggenda dei Rom della Camargue
La
leggenda di Sara Kali
Uno degli argomenti favoriti di coloro che
affermano l'origine indoeuropea dei Rom è la
leggenda di Sara kali, attraverso la quale tentano disperatamente
d'arrampicarsi sugli specchi cercando di identificarla con la sanguinaria Kali
dell'India. Questi studiosi speculano con la coincidenza dei
nomi, come segue:
"Sara kali era nera; Kali è una deità indiana nera;
quindi, Sara kali è la Kali indiana";
questo modo di ragionare è simile al seguente:
"Elvis Presley è morto a Memphis; Memphis è in Egitto; quindi,
Elvis Presley è morto in Egitto"...
No, questa comparazione non è esagerata, è molto oggettiva,
perché essi non hanno ricercato se c'è un rapporto reale fra
entrambe le Kali, e neanche tengono conto che la leggenda di Sara kali
è assolutamente sconosciuta dalla grande maggioranza dei Rom (che
non hanno neppure alcuna leggenda simile). Dunque, consideriamo
quale è l'origine di questa leggenda ed il suo rapporto con i Rom, citando
il documento più antico di cui disponiamo:
«Una delle persone del nostro popolo che ricevette una delle
prime rivelazioni fu Sara la kalí. Ella era di nobile nascita e capo della sua tribù
sulle sponde del Rodano. Ella conosceva i segreti che le erano stati
trasmessi... I Rom in quel tempo praticavano l'idolatria, ed una volta
all'anno essi portavano sulle loro spalle la
statua do Ishtari [Astarte!] ed andavano al mare a ricevere
la benedizione lì. Un giorno Sara ebbe
visioni nelle quli le si dice che le sante che erano state presenti
alla
morte di Gesù stavano arrivando, e che doveva aiutarle. Sara le
vide arrivare in una barca. Il mare era tempestoso, e la barca
sembrava affondare. Sara estese il suo vestito sulle onde
dell'acqua, usandolo come galleggiante, giunse fino a dove erano le sante
e le aiutò ad arrivare a terra ferma».
(Franz de Ville, "Tziganes", Bruxelles, 1956).
È
interessante il fatto che i Rom, non avendo letto la Bibbia in quel
tempo (era impossibile, perché era scritta in latino e vietata al
popolo; anzi, quasi tutta la gente era analfabeta, ed ancora di più
i Rom), abbiano avuto conoscenza della dea cananeo-babilonese Ishtar! Essi non
sapevano nulla di Lakshmi,
Parvati, Indrani, Annapurna, o qualche altro idolo
dell'India, ma conoscevano Ishtar, che in quel tempo,
quando i Rom arrivarono in Europa, non la si conosceva più con quel
nome da almeno un millennio! Il racconto è attendibile, perché il
nome "Ishtari"
non può essere stato inventato dall'autore, il nome appare come una
parola auténticamente romanì. Ishtar era stata infatti
adorata dagli antichi Israeliti del Regno di Samaria, quelli che furono
poi deportati dagli Assiri e giunsero fino all'India. È anche
rilevante il fatto che i Rom già in quei tempi avevano riconosciuto
che la
religione cattolica romana consisteva in sostituire gli idoli pagani
con i santi anche se mantenendo gli stessi rituali, ed il culto di Maria era esattamente
lo stesso di quello di Ishtar.
Un altro particolare (appositamente ignorato) è che il carattere di Sara kali
è completamente l'opposto di quello dell'indiana Kali, perché
ella (Sara) si presenta come una credente generosa. Gli studiosi che affermano
che i Rom una volta erano devoti di Kali
mostrano in realtà quanto essi non conoscano il carattere della cultura romanì:
i Rom non adorerebbero giammai una
deità della morte, la violenza e la distruzione! Tanto meno quando tale culto implica atti
di promiscuità sessuale! Attribuire un
tale passato alla religione romanì è grandemente offensivo nei
confronti dei Rom.
Un altro particolare che è ignorato è il nome stesso della santa:
Sara, la quale i Rom considerano come la madre del proprio popolo. E Sara,
fino a prova contraria, fu la madre del popolo Ebreo... Certamente,
gli studiosi insistenti possono argomentare che Sara kali è Sarasvati -
in tale caso, Brahma è Abraham, perché no?... Se uno si
propone di trovare coincidenze di nomi, di solito ci riesce.
Ancora un altro particolare è che Sara kali è conosciuta solo
dai Rom
dell'Europa occidentale (Calé e Sinti), mentre che tutto il gruppo
dei Rom orientali non sa nulla d'ella, e non ha alcuna leggenda equivalente.
La prima menzione storica di Santa Sara risale al
1521 c.e. (La leggenda delle Saintes-Maries,
di Vincent Philippon),
e racconta d'ella come una donna caritatevole che aiutava la gente
raccogliendo elemosine, fatto che suscitò l'idea popolare che fosse
una gitana. In quel tempo, i Rom si trovavano in quella regione già
da più di un secolo. Essi adottarono Sara come la propria santa
perché
videro in lei un carattere in comune, e perchè il suo nome era
quello che essi riconoscevano come della madre del proprio popolo.
Siccome la santa era di carnagione scura, la chiamarono "e kali",
cioè, "la nera" ‒ non è un nome, è
un attributo! Quando i Rom giunsero in Europa erano già
cristiani. Dove avevano sentito parlare di Sara, Ishtar e Gesù? Nei territori occupati
dai musulmani? Come potevano
conoscere queste cose, durante il tragitto dall'India attraverso il mondo islamico,
fino a quando arrivarono in Europa?
Altre tradizioni sull'origine della legenda di Sara kali dicono che era una egizia
che serviva due donne di nome Maria (le "Saintes
Maries") che erano fra coloro che seguivano Gesù oppure parenti di sua
madre, e che sarebbero giunte alla Camargue via mare.
Qualunque sia l'origine di questa leggenda, conduce sempre alla
Terra Santa, non verso l'India, e non ha nessuna caratteristica in comune con la
Kali indiana, come alcuni cercano inutilmente di dimostrare con
teorie inverosimili.